sabato 10 marzo 2012

Articolo 18 - giusto per tentare di fare un po' di chiarezza

di Guido Alessando Gozzi

Ancora ieri, durante una riunione in ambito politico, ho rilevato che, anche tra gli iscritti e militanti del PD, continua a permanere una grande confusione in relazione all'art 18 e a molto di quanto ruota intorno all'argomento.
Vorrei quindi provare a dare un mio piccolo contributo teso a tentare di spiegare in maniera chiara e semplice la disciplina dell'interruzione del rapporto di lavoro, per iniziativa del datore di lavoro, denominata licenziamento.
Nello specifico per restare nel tema di cui sopra, di seguito, parlerò del licenziamento individuale e del licenziamento illegittimo rimandando ad altra volta un eventuale excursus relativo al licenziamento disciplinare e ai licenziamenti collettivi.

Le fonti normative che disciplinano il licenziamento individuale sono il codice civile, la legge 604 del 1966, la legge 300 del 1970 ( statuto dei lavoratori) e la legge 108 del 1990.

A seconda della dimensionalità di una azienda (semplificando, fino a 15 dipendenti e > di 15 dipendenti) un lavoratore licenziato può agire ai sensi della 604 del 1966, in un abito di tutela o stabilità obbligatoria, oppure, nel caso di azienda > di 15 dipendenti, anche ai sensi dell' articolo 18 della 300 del 1970, in ambito di tutela o stabilità reale.

Il licenziamento può avvenire per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo o oggettivo.

Cosa significa:


Giusta causa: qualcosa di talmente grave (anche di natura extracontrattuale) da non permettere fin da subito la prosecuzione del rapporto di lavoro (ad es io datore di lavoro, scopro che sul maestro di tennis assunto nel mio circolo per fare lezione a bambini in fascia di età 6-12 anni pesa una sentenza passata in giudicato per reati di tipo pedopornografico).
Giustificato motivo soggettivo: notevole inampimento del lavoratore tale da giustificare il recesso del datore di lavoro (ad es ti ho assunto per fare il commerciale nella mia azienda e in 8 mesi non hai chiuso nessun contratto).
Giustificato motivo oggettivo: quando un licenziamento ha luogo per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa (non ci sono ordini da 6 mesi e devo licenziarti, non serve più un group product manager e i pm risponderanno direttamente al direttore mktg etc etc etc).

Cosa succede se a seguito di un licenziamento (per i motivi di cui sopra) il lavoratore lo impugna entro 60 giorni?

Come scritto sopra, le conseguenze di un licenziamento ritenuto inefficace dal giudice dipendono dal numero di dipendenti impiegati nell’impresa:
in aziende fino a 15 dipendenti (tutela obbligatoria), il datore di lavoro può scegliere se riassumere il lavoratore oppure corrispondere allo stesso un’indennità tra le 2,5 e le 6 mensilità.
Quindi il ritorno o meno in azienda lo decide il datore di lavoro e se non ne vuole più sapere del suo ex dipendente, potrà liquidarlo con una cifra pari a 2,5 – 6 mesi di stipendio.
Se invece decide che il licenziato rientri in azienda si stipulerà un nuovo contratto di assunzione e per tutto il tempo intercorso tra il licenziamento e la riassunzione nulla sarà dovuto al lavoratore in merito a contributi, maturazione tfr etc.
Nelle aziende sopra i 15 dipendenti (tutela reale) invece entra in gioco il nostro articolo 18 che permette che il giudice possa emettere un ordine di reintegrazione del lavoratore licenziato nel proprio posto di lavoro, inoltre il suddetto riceverà un importo a titolo di risarcimento pari agli stipendi non percepiti dalla data di cessazione del rapporto a quella della reintegrazione (con un minimo garantito di 5 mensilità).
Inoltre il lavoratore potrà scegliere (Lui), se essere reintegrato (non riassunto! Vd sopra) oppure ricevere una ulteriore indennità pari a 15 mensilità di retribuzione, fermo restando comunque il risarcimento del danno e il risarcimento delle retribuzioni maturate fino alla data del pagamento delle 15 mensilità.

Cosa significa tutto questo?

Significa che in Italia ci sono una minoranza ipertutelata che, in caso di licenziamento impugnato, potenzialmente costerà ad un datore di lavoro 20 mensilità più tutte le mensilità pari alla durata della causa (tra 300 e 600 giorni) e una maggioranza meno tutelata che ,in caso di licenziamento impugnato, potenzialmente costerà ad un datore di lavoro tra 2,5 e 6 mensilità.

Infine bisogna affrontare il tema dei licenziamenti illegittimi:
un licenziamento illegittimo si ha quando ti licenziano perché: sei negro, sei musulmano, cristiano, comunista, liberale, iscritto ad un sindacato, gay, tifoso della Juventus o quant’altro vi venga in mente.
In questo caso sia che il lavoratore sia assunto in una azienda con meno di 15 dipendenti o in una con più di 15 dipendenti, si applica la tutela reale disciplinata dall’articolo 18 con quindi garantito il reintegro e tutte le tutele economiche descritte sopra.

Penso sia chiaro che non è quest'ultima la parte di articolo 18 che si discute se modificare o meno nell’ambito della riforma del mercato del lavoro attualmente in fieri.


Link alla nota di Guido

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